“Abbiamo in media 75 anni,” – cominciano a raccontare, scherzando, Mitzi e suo marito Enrico – “e in più occasioni, nella nostra vita, ci è capitato di dare supporto a diverse realtà e iniziative. Il Fondo Anuska Svircich, aperto attraverso Fondazione Italia per il Dono, nasce dal dialogo inaspettato con l’Università di Padova, dopo aver letto, anni fa, un programma di finanziamento di alcune borse di studio a supporto di studentesse afghane.”
Anuska è il nome della madre di Mitzi, che negli anni dopo la sua scomparsa, anche grazie a diari e lettere ritrovate, ha approfondito la storia della sua famiglia.
“La città di Padova è un luogo che torna spesso nei racconti” – dice Mitzi.
Anuska ha vissuto in prima persona l’Esodo istriano-dalmata, un viaggio faticoso e pieno di pericoli, in tempo di guerra, iniziato in barca per lasciare Zara sotto i bombardamenti, che ha portato lei e la sua famiglia sulle montagne del Veneto, come profughi. “E qui” – continua – “ha conosciuto mio padre”.
Una serie di segni ha indotto Mitzi a sostenere l’Università di Padova: è l’ateneo dove suo padre si è laureato, e dove è presente un antico affresco della città di Zara, e anche una formella su uno dei portali d’ingresso: così è stato aperto il Fondo a nome della mamma, e, col Fondo, sono istituite ogni anno borse di studio a nome del papà.
La volontà di sostenere i giovani e il loro futuro si intreccia, anche per Enrico, con la sua storia personale: “Ritengo che aiutare le persone a studiare sia doveroso, innanzitutto perché io e mia moglie abbiamo avuto questa opportunità; in secondo luogo, io stesso ho potuto frequentare l’università anche grazie a una borsa di studio istituita a suo tempo da una grande azienda. In più, in famiglia le giovani generazioni hanno sufficienti possibilità economiche alle spalle e non hanno bisogno di un nostro sostegno, al contrario di molti studenti che dall’estero arrivano nel nostro Paese.”
Il desiderio di dare il proprio contributo a livello sociale si realizza anche in diverse attività di volontariato, svolte specialmente da Enrico, a Torino, dove lui e Mitzi vivono: “Attraverso il volontariato, con cui abbiamo conosciuto la Chiesa e la Diaconia Valdese, mi sono impegnato in diverse azioni di supporto concreto, in particolare con i migranti e negli studentati.”
Un desiderio alimentato anche dal forte legame tra i due coniugi, come loro stessi testimoniano: “La nostra disponibilità finanziaria è derivata sia dal nostro impiego professionale che dalle somme che abbiamo ereditato, e non abbiamo mai dubitato o discusso riguardo la possibilità di devolvere queste risorse all’aiuto di persone meno fortunate, ma meritevoli: fa parte del nostro senso morale e etico.”
L’incontro con Fondazione Italia per il Dono, avvenuto anch’esso dopo alcuni dialoghi familiari e grazie al consiglio di un amico, ha risposto in maniera efficace a tutte le esigenze: “La Fondazione, oltre a garantirci i benefici fiscali sulle donazioni, ci dà sicurezza, sia per quanto riguarda la gestione delle risorse che nell’assistenza per tutte le pratiche burocratiche e legali.”

